Progetto: “Imperfette Sinuosità”

PREMESSA

Prometeo è un’associazione che si occupa di favorire un processo culturale in diversi ambiti, certi che il cambiamento che vogliamo vedere, sia determinato dal cambiamento che riusciamo ad essere. Ed essere implica cambiare sguardo, per usare il titolo di un romanzo di D.Layolo, cercare di ’Veder l’erba dalla parte delle radici’.

IL PROGETTO

I soci fondatori di Prometeo giungono dall’ambito del sociale, quindi spesso si interrogano sulla disabilità o diversità in genere. La possibilità di vivere nel quotidiano con persone così dette ‘fragili’, ci permette di interrogarci su quanto esse facciano parte della nostra vita come professionisti e di quanto poco ne facciano parte invece nel nostro privato, nei luoghi di frequentazione abituale, nei momenti di svago, nei luoghi destinati alle commissioni e così via. Ciò dovuto forse al timore della gente nel posare lo sguardo su queste persone, di fatto, ‘diverse’. Diverse da ciò che siamo abituati nel quotidiano a vedere. Il tema ricorrente da anni rispetto alla disabilità, è ‘inclusione sociale’. Se ne discute durante i convegni, si fanno studi approfonditi, giornate formative per i professionisti del settore, volte al raggiungimento di questo obiettivo. I vari centri diurni e non, lo assumono come concetto di fondo delle loro organizzazioni e del loro operare. Rimane il fatto che al supermercato raramente li si incontra, non in chiesa, dal parrucchiere, al bar, in vacanza. E se ciò non accade, non ci sarà mai inclusione sociale. Finché lo sguardo timoroso di noi che viviamo usando tutti gli spazi del mondo, rimarrà tale, non vi sarà inclusione sociale. Ma come ogni percorso circolare che si rispetti, finché non ci sarà inclusione sociale, quello sguardo non potrà modificarsi. Cosa può indurla quindi? Cosa può spezzare quel sottile equilibrio di negazione che si è creato? L’abitudine a quello sguardo ci siamo detti. Abituare prima di tutto lo sguardo, lasciando che esso si posi anche sul diverso, sul brutto, sul deforme. Quando lo sguardo si sarà abituato, ci sarà una modificazione anche nel nostro costrutto mentale, nell’immagine talvolta rigida e parziale che ci hanno-siamo costruiti della disabilità e diversità in genere.

Nasce da questo l’idea di una mostra d’arte itinerante, che coinvolga la cittadinanza intera oltre ad essere ad essa dedicata, portando un elemento simbolico a rappresentanza della diversità, nelle varie aree urbane. Elemento simbolico identificato negli strumenti di scarto utilizzati dai tecnici per la costruzione delle ortesi, nello specifico di calchi in gesso dei corpi di uomini e donne e di collocarli, (una volta rifiniti e vestiti) nei luoghi della nostra esistenza quotidiana, al supermercato, dal parrucchiere, in banca in attesa di essere ricevuti dall’operatore alle casse, negli uffici postali per pagare un bollettino, alla fermata dell’autobus, al bar durante l’ora dell’aperitivo, così che possano raggiungere tutti noi, nei nostri momenti di vita quotidiana, affinché nella fretta di tutti i giorni, quello sguardo penoso e pensoso che gli verrà rivolto in prima istanza, si possa trasformare in un’abitudine consolidata che non stride più e non fa più paura. Infine, li vorremmo vedere nelle vetrine delle boutique del centro, dove assolvano alla funzione di manichini nell’indossare abiti di firma ed eleganti, vicino ai manichini tradizionali. Questo messaggio nasconde una provocazione più forte, nel tentativo di superare quell’immagine di perfezione che la nostra società ci propone, sino a denotarla come nevrosi nelle sue conseguenze estreme. A quella ricerca assoluta di perfezione quasi maniacale, opponiamo l’imperfetto, affinché la perfezione non venga letta come singolo elemento di bellezza, ma nella completezza delle sue parti, dove affianco al bello ci sia il brutto, affianco al perfetto l’imperfetto e dove, nella mancanza dello stesso, si avverta un’incompletezza di perfezione, come un tutto cui manca una parte complementare e necessaria.